Invidio chi ha la dote innata di essere diva davanti a l'obiettivo

La realtà fatta di immagini non fa per me, non sono capace.

Non mi sento a mio agio, sono sciolta come un palo della luce, cerco di sforzarmi ma faccio veramente fatica, ed è un problema lo so, in questo mondo fatto di contenuti visivi. INVIDIO CHI HA LA DOTE INNATA DI ESSERE DIVA DAVANTI A L’OBIETTIVO.

E si che non sono manco male, sono abbastanza in forma, anche perché ho capito presto che non si ingrassa tra Natale e Capodanno ma tra Capodanno e Natale e nonostante per me non ci sia niente di più faticoso, noioso e odioso al mondo del fare attività sportiva, la faccio … eh più o meno da sempre, o meglio da quando sono passata da una poco edificante e irrefrenabile attività di ballo in discoteca all’iscrizione in palestra nel tempo di 3 Mojito al Dixieland (cit. per chi amava il messicano di 20 anni fa a Milano ... che imboscate strane ti fa l’amore alle volte…).  E adesso non potrei più vivere senza la mia personal trainer online (grazie Sabri), che mi ha fatto scoprire l’esistenza di muscoli che non pensavo esistessero, nulla a che vedere però con quanto mi manca la discoteca, quella voglia di ballare da consumare voce e piedi e saltare da non sentire più i polpacci il giorno dopo, tornare a ballare, un po’ ubriachi e un po’ appiccicaticci, e cantare sicuramente stonati, ma da perdere il fiato.

Ma vorrei comunque capire perché l’obiettivo mi agita. Mi vesto di verde (scuro però) che come dice il proverbio “Chi di verde si veste, della sua beltà troppo si fida“ (ho scoperto questo detto circa un mese fa, quindi non c’era premeditazione nelle scelte fatte) per cui dove sta il problema? Forse perché cerco da tutta la vita qualcuno che ami fotografare, le fotografie, la fotografia in genere e che abbia voglia di fotografare me … ma purtroppo dopo mio padre, mi è sempre andata male (ho avuto tante altre fortune però), non ho sviluppato la capacità di stare davanti ad un qualsiasi obiettivo e mi sento un po’ come Warren Beatty alla notte degli Oscar del 2017 dopo aver annunciato come miglior film LA LA LAND invece di MOONLIGHT.

 

E che a me piace scrivere per comunicare, più che farmi vedere, per cui mi chiedo c’è speranza e futuro per un agire un po’ anacronistico come il mio, considerando che non sono così presuntuosa da pensare di poter diventare una scrittrice e campare di questo .. per quanto ho fantasticato tanto sullo scrivere un libro quando avevo 20 anni, ma poi saggiamente mi sono sempre risposta “ma perché mai uno dovrebbe comprarlo?”. E leggere, quanto mi piace leggere, tanto di tutto, ma mai quanto vorrei, c’è sempre un titolo lasciato in sospeso o appuntato da qualche parte da voler prendere. Penso sempre a quale sia il mio libro preferito (non parlo dei classici perché è troppo facile) ma non riesco a sceglierne uno, perché tantissimi mi hanno fatto volare, riflettere, ricordare, pregare, arrabbiare. Perché ci sono stati momenti storici e stoici segnati da pagine meravigliose.

Dovendoli concentrare in poco più di un pugno, ricordando anche quali comodini hanno abitato, in ordine non casuale, partendo da (questo me lo ricordo con precisione) 28 anni fa:

Questa è la storia di un cavaliere che stava morendo e della principessa che lo salvò … Un ponte sull’eternità di Richard Bach, mi ci sono immersa in questo libro e sono rimasta pregna delle sue parole per tanto.

Poche cose per il tuo viaggio di Katrina Kittle forse perché vivevo da sola lontano da casa o perché asfaltata dall’amore, ma se lo apro adesso escono ancora le lacrime.

Middle sex di Jeffrey Eugenides è molto più di un libro è l’epopea di Calliope, affascinante, struggente, dirompente e mite. Emozione pura.

Amabili resti di Alice Sebold mi ha strappato il cuore dal petto a mani nude e poi mi ha scaraventato contro un muro. È un romanzo che scava a fondo nei personaggi, che segna un percorso di crescita … e lo fa anche con chi lo legge.

Mangia prega ama di Elizabeth Gilbert siamo convinti di scegliere i libri che leggiamo, io penso che spesso siano i libri a farsi scegliere, perché in quel momento abbiamo profondamente bisogno di loro, per imparare a guardare con altri occhi.

Il bar delle grandi speranze di J.R. Moehringer e qui mi fermo, perché da quando ho letto questo libro quasi 10 anni fa non ho più trovato niente di simile. Uno di quei libri che non vorresti mai finire e che rimetto sul comodino, per rileggerlo nuovamente.

Il mio percorso per imparare a stare di fronte ad un obiettivo è ancora lungo, ma su una cosa sono più ferrata … se vi danno un foglio con le righe già tracciate, scrivete dall’altra parte.  (J. R. Jiménez)

Next time vi parlo di costumi … che la vita è già pesante di suo.